OISEAU
TRISTE
per ottavino e pianoforte
grado di difficoltà della parte di ottavino: medio-alto
grado di difficoltà della parte di pianoforte: medio-alto
durata: 13’ ca.
anno di composizione: 1980
I esec.:Torino, Conservatorio, 8.10.1981 – ott. R. Fabbriciani.
pf. C. Neri
Edizioni Suvini Zerboni, Milano
OPERA DEPOSITATA ALLA SIAE
Il titolo e il pezzo che lo porta non
evocano - in modo onomatopeico - il canto degli uccelli. Alludono
piuttosto a M. Ravel e al suo Oiseaux Tristes (secondo brano
dei Miroirs): omaggio dell’autore al sommo musicista
francese. Semmai è la leggiadra tristezza di un solitario
usignolo l’acustico fantasma che aleggia nella composizione.
Analogamente a Eco, Mitofania, Revenants, Soavodia, Tornelli
(dello stesso autore) e altre composizioni del periodo eufonico,
Oiseau triste esibisce la significativa assenza di un’intenzionale
architettura formale. Il tempo all’interno del quale
fluisce il brano non è quello scandito dagli orologi.
È piuttosto il tempo dell’estasi e della contemplazione
o quello del magico istante che irrompe nella musica di C.
Debussy. La forma s’invera non come decorso preordinato
ma simile all’imprevedibile itinerario di una passeggiata
boschiva o al percorso di un rivolo d’acqua avanzante
sul terreno.
La scrittura pianistica si modella sull’esempio del
carillon e si rivela affine a quella di Revenants. Utilizza
prevalentemente il registro acuto. Del registro grave sono
proposti pochi tocchi con lo scopo di fornire dal “basso”
slancio agli armonici superiori.
All’ottavino tocca in sorte una scrittura generalmente
meno arabescata per non produrre una discutibile e ornitologica
onomatopea. Frenetici guizzi sono rari ed effimeri nella parte
del flauto piccolo.
Di Oiseau Triste Anna Maria Morini
ha scritto sulla rivista Syrinx:
«Oiseau Triste nasce dalla
penna di Davide Anzaghi, fine compositore milanese della classe
1936. La scelta dell'abbinamento con il pianoforte, come ho
detto alquanto inusuale, è dovuta indubbiamente a un
progetto assai articolato dal punto di vista sia linguistico
che timbrico, come apparirà chiaro in seguito. Ciò
che mi preme sottolineare preliminarmente è la connotazione
estetica e strumentale insolita, se vista alla luce del contesto
pirotecnico nel quale l'ottavino è normalmente collocato.
E' interessante passare in rassegna le didascalie: “monotono,
meccanico", "malinconica nenia", "come
carillon". Nulla. quindi di frizzante (ma neanche di
corrivamente melodioso): l'Oiseau del titolo è forse
l'usignolo dell'lmperatore, perfetto prodotto dell'ingegno
e non della natura, la cui tristezza resta sempre per così
dire al di qua, consapevole forse della propria inumanità
(o inanimalità). Una sommaria analisi dà invece
immediata risposta al perché il pianoforte, in quanto
la complementarietà tra le due parti è totale,
in termini sia di compenetrazione sia di contrasto. Ad esempio,
la prima sezione, veloce, è costituita sulle dodici
note del totale cromatico, che l'ottavino espone in due riprese:
inizialmente un primo gruppo di sei, poi gradualmente le altre,
tra le quali predomina il re che si rivelerà la nota-cardine
della parte pianistica. Quest'ultima espone subito tutti i
dodici suoni, escluso appunto il ritardatario re, in un contesto
figurale movimentato che riempie la linea ritmicamente più
regolare dell'ottavino. La seconda parte, lenta, destinata
a sfociare dopo alterne vicende in un finale sempre più
statico e incorporeo, si basa sugli stessi moduli, salvo un
diverso sistema di aggregazione/proliferazione dei suoni.
La scrittura dell'ottavino, più diversificata, presenta
un allargamento degli intervalli e un addensamento delle figurazioni,
fino ad attingere un fugace passo di agilità. Dal punto
di vista dell'interazione tra i due strumenti, è da
rilevare una pagina nella quale la parte pianistica si coagula
esclusivamente in acciaccature, che si sovrappongono alla
conduzione misurata dell'ottavino. Anche timbricamente il
trattamento è di estrema accuratezza: raramente si
scende in chiave di basso, e la mano destra si muove quasi
sempre nella zona più acuta della tastiera, creando
interessanti situazioni di simbiosi timbrico-frequenziali».
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